Entanglement

L’entanglement è un legame di natura fondamentale esistente fra particelle costituenti un sistema quantistico (dall’inglese to entangle: impigliare, intricare). In base ad esso, lo stato quantico di ogni costituente il sistema dipende istantaneamente dallo stato degli altri costituenti. Tale legame, implicito nella funzione d’onda del sistema, si mantiene anche quando le particelle sono a distanze molto grandi, e ha conseguenze sorprendenti, sperimentalmente verificate. Infatti, discende dai principi della meccanica quantistica che la misurazione delle proprietà di una particella influenzi anche quelle dell’altra. L’interazione fin qui descritta agisce su particelle microscopiche, ma, in una certa misura, influisce anche su sistemi fisici macroscopici. Ad esempio, un gruppo di ricerca guidato da Ka Chung Lee, fisico dell’Università di Oxford, è riuscito a porre in uno stato di entanglement due diamanti collocati a quindici centimetri di distanza l’uno dall’altro e a temperatura ambiente, per mezzo di un sistema particolare che non sto qui a descrivere. Nello specifico, Lee e i colleghi hanno forzato i due diamanti a “condividere” i fononi, ovvero quasiparticelle (banalizzando molto, una quasiparticella è l’insieme costituito da una singola particella e dalla nuvola di particelle che la circondano) descriventi la vibrazione quantistica di un reticolo cristallino rigido. Questa introduzione così scientifica, oserei dire fredda e impersonale, ha in realtà una funzione ossimorica: amore, energia, affinità elettive, strade che si uniscono e si incrociano, sono il soggetto di questo scritto. L’esistenza degli uomini è costellata da sensazioni ed emozioni, sempre interlacciate, sempre condizionantesi reciprocamente, ed in queste possiamo intravedere una sorta di “coscienza cosmica”, che potremmo identificare nell’Anima mundi di Platone, nell’inconscio collettivo, l’Unus mundus, di Jung e Pauli, ma anche il Tao, il Ruah ebraico, definito «il vento che non sai da dove viene e dove va». Tutte queste intuizioni ci portano a dedurre che l’universo non è costituito di sola materia, e che la realtà non è affatto come la vediamo. L’entanglement, appunto, confuta il modello di pensiero e la visione della realtà comunemente concepiti fino ad oggi. Quando si è scoperto che le particelle, dotate di un senso di rotazione, avvicinandole e poi allontanandole, invertivano lo spin non appena lo faceva l’altra, indipendentemente dalla distanza che le separava, si è compreso che era giunto il momento di cercare di vedere oltre. I tentativi di spiegazione che inizialmente sono stati dati, sulla base delle conoscenze pregresse, e cioè pensando a vettori o messaggeri, sono risultati incongrui con la subitaneità dell’evento, cioè la mancanza di un tempo che permettesse all’informazione di arrivare. Ogni particella, quindi, acquisisce informazioni dalle sue interazioni e ha un suo bagaglio, che viene condiviso e che potrà a sua volta essere modificato solo con nuove interazioni. E noi, esseri composti della stessa sostanza dei sogni, come scriveva Shakespeare, nella sua opera “La tempesta”, siamo microcosmo e macrocosmo contemporaneamente, viviamo l’entanglement come condizione che ci accompagna per tutta la vita, senza rendercene conto. Quando c’è una comunicazione non verbale, quando si condividono esperienze che ci legano profondamente, quando incontriamo qualcuno ed immediatamente proviamo una affinità che ci sembra inspiegabile, ecco, si parla di “entanglement umano”. E noi, ancora, che ci onoriamo di aver ricevuto una iniziazione, che ci siamo faticosamente incamminati in un percorso arduo, con la speranza di andare verso la luce, a cosa possiamo equiparare questo legame inscindibile, se non all’eggregore che si crea durante i lavori massonici? O forse questo è solo il risultato di una sincronizzazione che avviene a monte, che si perfeziona nel momento dell’iniziazione, quando il Maestro Venerabile dice: «Adesso voi appartenete a noi, e noi a voi»… Da quel momento, con la assidua frequenza ai lavori di Loggia, avviene e si sviluppa una sorta di condizionamento indiretto, e via via si assorbono reciprocamente pensieri, emozioni, sensazioni e intimo sentire. Si crea una sorta di “interferenze sottili”, dove la sincronicità ha un peso non indifferente, anche se spesso inconsapevole, dove desideri, ricordi, pulsioni entrano in gioco, crescono, sbocciano, si intrecciano e si sviluppano come in splendide piante rampicanti. Una volta stabilito questo contatto, non sono determinanti, poi, la distanza fisica o l’approccio sensoriale, le informazioni agiscono nel presente al di la’ dello spazio e del tempo. L’importanza del rafforzamento della circolazione di certe energie grazie alla presenza di più elementi che condividono positivamente il proprio bagaglio interiore ed esperienziale è fondamentale. Si creano così delle “interferenze virtuose” che, ovviamente, influenzano l’anima e il livello subconscio dell’individuo, ed è raro che vengano razionalmente e consciamente percepite. Ecco perché immettere nel “sistema” pensieri di amore e gratitudine ne moltiplica l’effetto e la portata, cosa che porta benessere all’individuo e pian piano all’intera collettività, dato che tutta l’umanità e’ collegata. L’entanglement umano funziona, ovviamente, sia in caso di persone che trasmettono energie positive sia negative. Se si e’ allineati nell’amore per se stessi, per il prossimo, per la vita e si è sereni, ecco che si può resistere a coloro che vivono in una situazione di “non centratura” o confusione. In caso contrario, ci si influenza a vicenda e spesso in modo altrettanto caotico. Chi e’ quindi ben allineato o aspira a essere tale, deve lavorare per ordinare ed equilibrare pensieri, parole e azioni, scegliendo una vita di amore e gratitudine che gli consente di essere forte a tal punto da resistere anche alla forte negatività, emanata da molte persone. Tanto più si e’ deboli, tanto maggiore sarà l’influenza che altre persone eserciteranno su di noi. Come possiamo renderci conto, quanto descritto finora è lo specchio non solo della vita interiore e sociale che ognuno di noi fa, ma anche della nostra vita massonica. Come iniziati, siamo chiamati a prendere coscienza dell’energia che risiede dentro di noi e che ci attraversa, e a gestirla, prima ancora che per il bene ed il progresso dell’umanità, per il bene ed il progresso di noi stessi, della nostra Loggia, della Comunione alla quale apparteniamo. Mi viene spontaneo, in questo contesto, di mutuare alcuni spunti dalla Fenomenologia dello Spirito di Hegel, nella quale il filosofo sviluppa il tema della risoluzione del finito nell’infinito. Egli esplora ciò che l’uomo vive come frutto dell’esperienza a livello conscio e lo ritiene un mezzo per cogliere ciò che di assoluto esiste dietro al fenomeno. L’essere umano viene dunque traghettato dal conoscere finito a quello infinito, non percepisce più la realtà come un qualcosa di estraneo, ma anzi arriva a prendere coscienza di essere unito con la realtà stessa. Il percorso avviene come un movimento immanente, non come qualcosa di imposto dall’esterno, e si srotola dalla coscienza all’autocoscienza, fino alla comprensione che l’io si identifica con la realtà, viatico, secondo Hegel, per il raggiungimento del sapere assoluto. L’autocoscienza si raggiunge quindi solo se riusciamo a confrontare la nostra particolare esistenza con quella degli altri, ma Hegel crede che questo accada attraverso la lotta, non, come pensava da giovane, attraverso l’amore. Ecco, io invece credo che la capacità di “farsi realtà”, di uscire dall’io personalistico, di confrontarsi con gli altri, avvenga con ambedue i mezzi. Non si può prescindere da nessuno dei due. Solo che, in ambito latomistico, la lotta non è sociale o politica, cosa che in questo contesto non ci riguarda e non deve riguardarci, ma è contro l’indulgenza all’egotismo e all’egoismo, alla prevaricazione, alla tendenza di farsi sopraffare dalle passioni. Per Hegel la conoscenza esteriore, quella che ci deriva dall’approccio con il mondo esterno a noi, non è inerte, ma modifica la struttura dell’oggetto. Questa intuizione è estremamente importante, perché anticipa teorie scientifiche moderne, e, in parte, supporta quanto sostenuto finora. Le azioni non sono mai neutre, nemmeno il pensiero lo è. Noi siamo portatori di qualità innate, ma l’azione reciproca e ciò con cui veniamo in contatto ci migliora, ci trasforma, ci apre possibilità di evoluzione ulteriore. Questo, e molto di più, avviene quando veniamo avvicinati o ci avviciniamo spontaneamente al mondo iniziatico e latomistico. Quando, scambiando pensieri, desideri ed aspirazioni, scopriamo di avere già la forma mentis per dedicarci a studi esoterici, ma soprattutto al dono, alla condivisione di principi come Libertà Uguaglianza e Fratellanza, quando la parola Tolleranza ci ispira alti concetti, e il Simbolo ci parla una lingua profonda, forse ancora sconosciuta consapevolmente, ma che fa vibrare le nostre corde.
Mi pare corretto concludere ancora con Hegel, che ci dà una mirabile ed inconsapevole definizione di uroboro, simbolo immutabile ed universale di eterno ritorno, di compimento in se stesso, di evoluzione e trasmutazione, al quale noi attribuiamo significati profondi sui quali dovremmo meditare costantemente: «Il vero è il divenire di se stesso, il circolo che presuppone e ha all’inizio la propria fine come fine, e che solo mediante l’attuazione e la propria fine è effettuale».

BIBLIOGRAFIA

  • Luigi Maxmilian Caligiuri – Che cos’è l’entanglement
  • Enciclopedia Treccanii – Entanglement
  • Gabriele Sannino – L’incredibile fenomeno dell’entanglement umano
  • Leonardo Petrillo – Un legame che trascende le distanze, l’entanglement
  • Georg Wilhelm Friedrich Hegel – Fenomenologia dello Spirito