Il Generale di Brigata Aerea Aldo Amedeo Mecozzi e la Gran Loggia d’Italia. Storia di un faldone ritrovato

di Anna Checcoli

Il mondo del collezionismo è davvero vario, e quindi capita di imbattersi, soprattutto se sei alla continua ricerca di oggetti e documenti massonici, in qualcosa di davvero interessante. Questa è la storia del Generale di brigata aerea Aldo Amedeo Micozzi, limitatamente ad un periodo molto importante per le vicende del nostro paese ed anche per la Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M., che allora si chiamava Serenissima Gran Loggia Nazionale d’Italia. Aldo Amedeo Micozzi nacque a Roma 17 gennaio 1892, in una famiglia modesta, ma si mostra sin da bambino volenteroso nel cercare di aiutare i genitori facendo il garzone di un fornaio. Amante della lettura e dello studio, cercherà di acquistare quanti più libri possibile sulle bancarelle, nel tentativo di farsi una cultura. A 21 anni si arruola come soldato semplice volontario nel 6° Reggimento genio ferrovieri, e va in Eritrea. Nel 1916 vene promosso Sergente, poi Sottotenente di complemento, e quindi Tenente di complemento. Compie 370 voli di guerra, abbatte sette velivoli nemici, è pluridecorato. Dai primi anni ’20 iniziò l’attività di pubblicista in materia aeronautica, e proseguì brillantemente la sua intensa e complessa carriera fino a quando, nel 1930, fu promosso Tenente Colonnello e nel ’35 Generale di brigata aerea. Passò all’Oriente eterno a Roma il 2 novembre 1971. Non mi sono dilungata nei particolari della vita del Gen. Micozzi perché, seppur non del tutto esatti, è possibile trovarli sul web. Quello che qui, invece, ci interessa da vicino, è la documentazione relativa alla sua appartenenza alla Serenissima Gran Loggia Nazionale d’Italia, oggi Gran Loggia d’Italia degli A:.L:.A:.M:. Da una piccola pagina di taccuino scritta frettolosamente si evince che il futuro Generale si era informato anche relativamente alla “Massoneria Universale Comunione Italiana”, di cui segna l’indirizzo, S. Pietro all’orto, 7, al primo piano, e il nome di alcune Logge come Cattaneo, De Cristoforis, Fratelli Bandiera, Giovine Italia, La Ragione, altre scritte con grafia incomprensibile, oltre alla Romagnosi, Battisti, Cavalieri di Scozia, Cisalpina, Eterna Luce, Carducci, Vis Nova, ecc… Ma andiamo per ordine. In una lettera ad un collega, il Tenente Retino, datata gennaio 1917, egli si rivolge a lui chiamandolo Fratello, pur non essendo ancora stato iniziato. Oggetto della corrispondenza è l’invito che l’aviatore riceve ad entrare in Massoneria, esattamente nella nostra Istituzione, ed egli sostiene di non sentirsi ancora pronto per affrontare seriamente l’ingresso nell’Ordine. Aggiunge inoltre: «…Il mio desiderio di coerenza non solo formale ma sostanziale mi renderebbe difficile liberarmi, qualora i gravi avvenimenti politici e militari e sociali che si succedono, qualora l’indirizzo che di fronte ad essi l’Ordine potrebbe assumere, qualora infine i suoi tradizionali programmi di pensiero e d’azione che io come profano ignoro, suscitassero in avvenire un dissidio fra la mia libera coscienza di uomo e i miei doveri di massone». Prosegue con alcune considerazioni piuttosto anticlericali, ma ciò che mi ha colpita sono le osservazioni “molto personali”, come lui le definisce, relativamente al suo ruolo in Massoneria, dalle quali si evincono concetti non poi così personali, ma anzi esplicativi di come un tempo veniva vissuta e percepita la vita massonica. Egli scrive dunque: «Allo stato odierno dei miei meriti, sprovvisto come sono di titoli, non disponendo nell’Ordine di altro appoggio che quello portomi dalla tua cortesia, non avendo potuto partecipare alla vita politica per il sopraggiungere del servizio militare, non posso aspirare nell’Ordine che ad un grado umile e, aspettando di acquistar meriti ed autorità, dovrei subire la coartazione di alcune mie tendenze ed abitudini. Se invece io attendo, se faccio conoscere qualche mio valore, se faccio in modo che la mia iscrizione sia desiderata e apprezzata dai Fratelli, io, quando accetterò di farne parte, raggiungerò rapidamente un grado elevato, entrerò con un programma mio, con una “self made personality” […]» Ciò che viene dunque spontaneo di dedurre è la piena integrazione della Massoneria con la vita politica e sociale di chi veniva a farne parte. E’ quindi evidente uno scollamento importante del mondo latomistico da quello istituzionale statale che via via si è acuito a seguito dei tragici eventi delle due guerre, del Fascismo, dei Patti Lateranensi, della questione P2 e di altre interazioni con ulteriori realtà massoniche che non sto qui a citare. Aldo Amedeo Micozzi verrà poi iniziato alla R:.L:.Nazionale il 16 febbraio 1922, per giungere al IV grado il 14 settembre dello stesso anno. Nel fascicolo sono presenti gli Statuti ed i Rituali dei tre gradi simbolici, nonché il suo brevetto di 4° grado. Esaminandoli, ho avuto grandi sorprese. Citerò solo quelle che non hanno un riferimento specifico alla ritualità, ma che possono rivestire in ogni caso, a mio parere, un forte interesse. Inizio da una curiosità: sono presenti i rituali per le cerimonie funebri, per il battesimo massonico (presentazione di giovani comunemente definiti ulivelli) e per il matrimonio massonico. Quest’ultimo Rito, dunque, esisteva già nel 1921, e non è stato creato recentemente, come qualcuno ha sostenuto. La cosa di maggior interesse è che già allora in tutti questi rituali si parla di Sorelle. Quindi, la presenza delle donne era prevista, ed esse erano affiliate, seppur in numero esiguo. In effetti, leggendo gli Statuti dell’epoca, in nessun luogo si nega alle profane di sesso femminile di poter essere iniziate. Fra i vari documenti, emerge un invito datato 22 giugno 1922, dove il M:.V:.Chiarappa convoca i Ffrr. della R:.L:. XX Settembre al matrimonio massonico di un “nostro caro Fratello con una nostra cara Sorella”. Un altro particolare che mi ha colpita è il forte legame con l’ebraismo che era presente nei nostri rituali. Già in quello di primo grado, la prima pagina riporta i mesi dell’anno in ebraico ed una datazione diversa da quella oggi in uso, distinta fra Ordine e Rito: 4000 anni da aggiungere all’anno in corso, definita Anno Lucis, mentre per il Rito Scozzese si fa iniziare l’anno il 23 settembre e si contano 3760 anni da aggiungere secondo la “cronologia giudaica”, definito Anno Mundi. Le varie parole di derivazione ebraica sono scritte e lette al contrario, partendo da destra. Ne deduco che tali riferimenti all’Ebraismo siano stati epurati con la riemersione della Massoneria nel 1946, temendo future ricadute in fatti tragici e ben noti, e dunque prendendo le distanze da certe peculiarità. Ugualmente interessante è un documento dattiloscritto intitolato “Sintesi esplicativa dell’Istituto massonico” a cura di un Maestro Venerabile dell’Oriente di Roma, (esattamente della RL Madre XX Settembre 1870) ivi siglato come M.A.C (Michele A. Chiarappa), 33° grado, e datato 1922. Cito: «[…] Basta pensare all’apparente contraddizione che può discoprirsi fra il trinomio massonico e la fondamentale struttura della Massoneria, per comprendere in quale inganno potrebbe indurre una sintesi affrettata e semplicista: il termine “Libertà” sembra in antitesi con la ferrea disciplina, quello di “Uguaglianza” con il carattere gerarchico dell’Istituto; mentre la stessa “Fratellanza” è in contrasto almeno formale con la voluta esclusione di classi intiere e di categorie sociali e morali dal consorzio massonico. […] Prosegue insistendo sull’importanza della conoscenza e dello studio esoterico, affinché la tradizione millenaria della Massoneria possa essere tramandata, scrive che uno dei requisiti fondamentali è la selezione e quindi la preparazione, e che i Fratelli sono chiamati a collaborare in ogni forma al progresso umano, diffondendo l’amore del vero e la fede nel divino, impedendo però che essi possano diventare strumenti di oppressione sociale, e a coltivare l’amore fra gli uomini. Tuttavia, conclude così:
«[…] Forgiare nei propri proseliti e adepti la facoltà di guidatori, noti od occulti, di masse, pel conseguimento di tutte queste finalità». Tornando ad Aldo Amedo Micozzi, essendo uomo che amava informarsi, egli conserva articoli di giornale, ed uno in particolare, firmato da Torrigiani, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, intitolato il Manifesto della Massoneria, pubblicato nel 1922 in occasione della ricorrenza del XX settembre, ci chiarisce la posizione assolutamente anticonfessionale della sua Istituzione. Egli infatti ribadisce che esiste il pericolo per la nazione di ricadere nel dominio incontrastato della Chiesa a causa di “torbidi mercanti della politica, zelatori della fede”. Non immaginava che di lì a cinque mesi Mussolini avrebbe preso delle decisioni che preludevano gli accordi che avrebbero portato alla stipula dei Patti Lateranensi, l’11 febbraio 1929. Incuranti, però, le più grandi Obbedienze del momento continuano nelle loro scaramucce relative alla pratica del Rito Scozzese, ed ecco quindi che il 27 ottobre 1922 il Grande Oriente comunica su un quotidiano che esso è «la continuazione ininterrotta di quello che si formò nel 1861 a Torino e che nel 1872 unificò in Roma, auspice Giuseppe Garibaldi, la Famiglia Massonica Nazionale». In poche parole, il GOI sostiene di essere l’unica autorità italiana riconosciuta dalla Massoneria Universale. Andando a sbirciare nei vari documenti, però, appare evidente ben altro. Il 24 maggio 1921 Raoul Palermi emana un decreto che afferma che «l’unica Potenza Massonica del Rito Scozzese Antico e Accettato per l’Italia, sue dipendenze e Colonie, è il Supremo Consiglio sito in Piazza del Gesù 47, riconosciuto dalla Confederazione Universale del Rito, e che la Gran Loggia Scozzese per il Governo dei primi tre gradi è la sola autorità simbolizzata da esso Supremo Consiglio nonché dalle potenze regolari, riconosciuta per la Giurisdizione italiana». Prosegue inoltre sostenendo che sia Saverio Fera, che Leonardo Ricciardi, W. Burgess e lui stesso hanno reiterato proposte per giungere a concordia con il Grande Oriente e alla riunificazione, ma che queste non hanno mai trovato risposta. Riafferma ancora una volta la precisa volontà di instaurare l’unione dei cuori in tutta la Massoneria italiana e alla fine delibera di troncare ogni indugio, proclamando, a far data dal giorno indicato nel documento, la unione di tutti i Massoni italiani in una unica Comunione per l’Italia. In poche parole, invita tutti coloro che lo desiderano ad aderire alla sua deliberazione e decreta la fusione delle forze massoniche italiane di Rito Scozzese A:.e A:. sotto gli auspici del nostro S.C. Confederato. Chiosa vietando ogni contatto con massoni irregolari, facendo osservazioni sui gradi di cui si fregiano, ovviamente abusivi. Conclude il documento un paragrafo intitolato Palazzo Giustiniani dichiarato irregolare. Questo fa riferimento ad un allegato estremamente interessante relativo a Saverio Fera e alla scissione del 1908, quando, cito le testuali parole, «il Grande Oriente presieduto dal Gran Maestro Ferrari propose la unificazione dei Riti onde venivano a scomparire il Rito Scozzese (dal 4° al 33° grado) ed il Rito Simbolico Italiano (dal 1° al 3° grado dell’Ordine) per formare un Rito Nuovo. Naturalmente il Supremo Consiglio di Rito Scozzese si oppose a grande maggioranza». La piccola minoranza che accettò la distruzione del Rito Scozzese si distaccò dal Supremo Consiglio e poi ne creò uno nuovo, presieduto allora dal prof. Ballori (alla data del documento da Ferrari) che siedeva in Palazzo Giustiniani. La grande maggioranza, invece, seguì Saverio Fera, che divenne sovrano Gran Commendatore. Sostiene Palermi che, allora, tutti i S.C. del mondo riconobbero come preesistente quello di Saverio Fera. Fu così che nel 1912, a Washington, su 33 S.C. presenti, anche i due che precedentemente si erano dichiarati neutrali, quello di Francia e quello svizzero, si associarono agli altri nel riconoscerci. Molto interessante è sottolineare che la Conferenza di Washington additò ai “dissidenti” il dovere di unirsi al S.C. di Fera, definito “unico e solo Supremo Consiglio regolare del Regno” (vedi Atti Ufficiali della Conferenza di Washington, 1912). Nell’ultima pagina del Decreto si evincono anche altre informazioni. A Fera, dopo la sua morte, nel 1913 succede Ricciardi. A Ricciardi, William Burgess, a quest’ultimo, Palermi come S.G.C., il quale dall’aprile 1918 era anche Gran Maestro. Il 20 settembre 1920 a Roma, di nuovo si riuniscono le Rappresentanze dei Supremi Consigli della Confederazione e ancora una volta riconoscono che non vi era in Italia altra Massoneria regolare se non quella della Comunione di Rito Scozzese A:. e A:. presieduta da Palermi con sede in Piazza del Gesù 47. Palermi fa riferimento ad Annuari in nostro possesso relativi al 1912, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 18 e 20 ed ai maggiori Supremi Consigli del mondo che sempre riconoscono il nostro come unico regolare, oltre ai succitati Atti del Congresso di Washington del 1912. Cita inoltre la futura Conferenza di Losanna, dove il nostro è l’unico Supremo Consiglio d’Italia invitato come membro della Confederazione del Rito. Seguono un estratto dal n. 11 della Rassegna Massonica dell’ottobre 1921 e le Deliberazioni della Conferenza dei Supremi Consigli Federati del Rito Scozzese Antico ed Accettato a Losanna, che necessiterebbero di una menzione a parte, in quanto di interesse storico e massonico veramente eccezionale, oltre che punteggiati di gustosi colpi di scena causati da “irregolari” che cercano di infiltrarsi, prontamente scacciati. Un paragrafo veramente notevole riguarda Marshall, che in qualità di Fratello rappresentante i Massoni americani, si complimenta con noi per l’opera svolta in Polonia e Cecoslovacchia. Una successiva comunicazione del Supremo Consiglio della Serenissima Gran Loggia Nazionale d’Italia, datata 29 novembre 1921, ci mette infine al corrente, a firma del Gran Segretario Generale Cesare Mombello, che Raoul Palermi, invitato a Washington alla riunione del Supremo Consiglio di Rito Scozzese Antico ed Accettato per la giurisdizione Sud degli Stati Uniti d’America, definito Supremo Consiglio Madre del mondo, è stato nominato Membro Emerito, dignità conferita prima di allora solo al Duca di Kintore, Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio di Scozia e al Conte Goblet di Alviella, S.G.C. Del S.C. del Belgio. Inoltre, la Comunione italiana del “nostro” Rito, viene definita ancora una volta l’unica regolare. Arriviamo alle note dolenti del 14 febbraio 1923, non senza un rapido excursus sulle posizioni dell’allora Gran Maestro del Grande Oriente e di quello della Gran Loggia. Uno storico contemporaneo sostiene che fu la Massoneria a favorire l’avvento del Fascismo. Io direi piuttosto che probabilmente favorì l’avvento del Socialismo contro la famiglia regnante ed il clericalismo predominante. Citando in parte da A.A. Mola, Storia della Massoneria italiana dall’Unità alla Repubblica, in effetti, «l’atteggiamento di favore sembra motivato da aspetti del programma del primo fascismo: lo spirito patriottico, la tendenza repubblicana, l’anticlericalismo». Non sono totalmente d’accordo sull’ostilità nei confronti di popolari e socialisti, in quanto, in fondo, il primo Mussolini era socialista. Prosegue Mola: «E di fatto, lo stesso Torrigiani, pur con la necessaria prudenza, sembra guardare con benevolenza all’avanzata di Mussolini. Alla vigilia della marcia su Roma, Domizio dichiara di considerare il fascismo una “rivolta necessaria” che ponga fine alla confusione del dopo-guerra; sebbene voci sommesse all’interno di Palazzo Giustiniani esprimano qualche dubbio sugli orientamenti del nuovo partito, il Gran Maestro si affretta, da un lato, a smorzare le manifestazioni di dissenso, dall’altro, a presentare l’Ordine sotto il segno del patriottismo e dell’interventismo, sottolineando le affinità e le comunanze con la nuova forza politica nella condivisa idea di rinnovamento della “coscienza nazionale”. La Giunta di palazzo Giustiniani convoca a Roma l’Assemblea per il 28 gennaio 1923, a essa partecipano circa 500 delegati: lo scopo è quello di stabilire la condotta da tenersi nei confronti del Governo ora che la massoneria è stata definita “traditrice della nazione e negatrice del rinnovamento”. Nel corso dell’adunanza, Torrigiani prova a negare tutte le accuse di antifascismo, ma non cede alla pregiudiziale anticlericale. Stando alle cronache del Corriere della Sera dell’1 febbraio 1923, la discussione è appassionata e ricca di interventi: alla fine, l’Assemblea si divide, nonostante l’opera mediatrice del Gran Maestro, fra chi vorrebbe seguire un indirizzo di incondizionato appoggio al Governo e chi rivendica, per la massoneria, una posizione “al di sopra dei partiti” “nella concezione superiore degli interessi della patria”. Quest’ultimo orientamento, alla fine, ottiene la maggioranza dei consensi, portando alla riaffermazione dell’idea di laicità dello stato, del rispetto delle libertà politiche e delle organizzazioni sindacali. Dall’altra parte Palermi, a capo della Gran Loggia, ebbe una posizione di totale fedeltà al Fascismo, ma non tanto quanto sembra. Ci rende edotti un opuscoletto del maggio 1939, intitolato Contro gli intrighi massonici nel campo rivoluzionario a cura dei Gruppi Anarchici dell’Antracite. Quivi è scritto che il Grande Oriente accampò il merito della rivendicazione dell’italianità di Fiume per mezzo di Torrigiani, che sottolinea la necessità di annessione in una balaustra del 28 febbraio 1924. Fu sempre grazie alla Massoneria che furono fondate l’Unione Antibolscevica di Roma e l’Alleanza cittadina di Firenze, che avevano come scopo di opporsi a qualsiasi rovesciamento politico e sociale, e che quindi in realtà manifestarono simpatia al re quando i deputati socialisti abbandonarono l’aula all’apertura della seduta reale. Nel gennaio 1921 veniva costituita una federazione di tutte le Unioni antibolsceviche e Organizzazioni civiche e veniva eletta vice-presidente Maria Rygier, Massona (così citata nel libretto). Questo apre un inciso ulteriore sulla importanza, già in tale epoca, delle donne nel mondo latomistico, seppur presenti in numero esiguo. Nelle pagine del testo si prosegue scrivendo che gli stessi massoni organizzarono il lavoro volontario in tali associazioni, ed i fasci non fecero che seguirli, mettendosi al servizio dell’Agraria e della Confederazione dell’Industria. Ancora, si sostiene che la Gran Loggia creò all’inizio del 1921 il Partito Nazionale Democratico, che ebbe come padrino d’Annunzio, e che questa stessa nel gennaio del 1923 sospese i sussidi. In quell’epoca era appunto Palermi il Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia Nazionale d’Italia, qui definito “maggiore sabotatore della Massoneria del Grande Oriente”. Anche il Partito di Rinnovamento ebbe fra i suoi capi appartenenti alla Gran Loggia, e nel testo citato si sottolinea come Maria Rygier fu incaricata dalla stessa Gran Loggia di entrare nel Fascio per controllare l’uso degli aiuti finanziari dati dall’Agraria e dalla Confindustria. Segue elenco di Massoni del Grande Oriente e della Gran Loggia appartenenti ai Fasci. Subito dopo, in grassetto, si parla di cifre. Cito «Il Grande Oriente contribuì con tre milioni e mezzo alla marcia su Roma, dopo la quale la Grande Loggia assicurò i massoni d’America che l’Italia stava entrando in un’era di ordine e di pace. Questi telegrammi furono trasmessi dal governo stesso come dispacci di stato, indirizzati all’ambasciatore di Boston, che li fece pervenire ai destinatari. Rassicurare la massoneria americana valeva rassicurare il governo e la plutocrazia degli Stati Uniti. Basti pensare che Harding, presidente degli S.U., era 32 del Rito Scozzese, per vedere tutta l’importanza del connubio fascista-massonico». E ancora, il Supremo Consiglio della Gran Loggia nel 1922 approvava una dichiarazione portante il placet di Mussolini, nella quale si impegnava a non far nulla contro le direttive del governo, ma anche Torrigiani, Gran Maestro del Grande Oriente, dichiarò in una intervista al Giornale d’Italia che le Logge della sua Obbedienza erano da lui state invitate a cooperare al successo di Mussolini. In quell’occasione, Torrigiani affermò che i massoni della colonia italiana di Parigi erano ferventi fascisti, cosa non vera, perché la Loggia Italia, appartenente alla Gran Loggia di Francia, si era pronunciata contro il governo fascista, cosicché a Triaca, Maestro Venerabile di quell’Officina, fu ritirato il titolo di garante di amicizia fra le due Istituzioni. Mussolini, però, è ormai certo che la Massoneria, dichiarandosi in realtà al di sopra dei partiti, non sia conciliabile con il Governo nazional-fascista. È inoltre consapevole che combatterla, in un paese profondamente cattolico come l’Italia, gli avrebbe assicurato il consenso dei fedeli. E così, il 15 febbraio 1923, il Gran Consiglio, a maggioranza, dichiara incompatibile l’appartenenza alla massoneria con l’adesione al Partito nazionale fascista. Di fronte al nuovo attacco, Torrigiani torna ad offrire garanzie di lealtà. Il 16 febbraio invia una circolare alle Logge per confermare la volontà di fiancheggiare il Governo, invitando tutti ad applicare le direttive votate. Nello stesso tempo, cerca di difendere l’Ordine, ricordando a Mussolini in uno scritto personale che: «le nostre Logge ed i nostri membri non hanno mai mancato in fedeltà alla Patria». Lungi da me il voler assolvere Raoul Palermi, ma questi, in effetti, attua un comportamento che può apparire tortuoso e incongruente ad una lettura superficiale. Da una parte, anch’egli cerca protezione, in quanto facevano parte del Gran Consiglio fascista alcuni membri della sua Comunione, tre dei quali, fra l’altro, votarono inizialmente contro il decreto mussoliniano di scioglimento delle Comunioni massoniche, dall’altra dichiara che “la Grande Loggia non esiste” e si rifiuta di riunire la Gran Loggia, convocando solo il Supremo Consiglio, forse, e dico forse, in un estremo tentativo di salvare qualcosa. Questo però gli vale un articolo su un quotidiano, a firma dei suoi stessi Fratelli, dove egli viene accusato di alto tradimento. Per approfondire un po’ quanto detto poc’anzi, cito qui alcuni stralci degli interventi di due Onorevoli durante la 1^ sessione della tornata del 16 Maggio 1925 alla Camera dei Deputati, durante la discussione per il voto al decreto di Mussolini sullo scioglimento di cui sopra. Gioacchino Volpe: «[…]Vale a dire, la legge contiene un divieto indiretto e attenuato alla esistenza delle associazioni segrete e un divieto perentorio e categorico ai funzionari di appartenervi. Questo, a mio modo di vedere, poteva bastare. Utile e necessario far questo, ma anche sufficiente, vuoi in rapporto allo scopo che si voleva e si doveva raggiungere, vuoi in rapporto alla limitazione che è lecito porre all’attività dei cittadini. Le associazioni più o meno segrete, più o meno pubbliche, – non illudiamoci, onorevoli colleghi, tutte quante le associazioni, di qualsiasi genere, sono un po’ segrete e un po’ pubbliche e tali rimarranno – tutte queste associazioni potevano seguitare a sussistere; ma lo Stato armava se stesso a difesa contro le associazioni, disarmava esse delle loro armi più efficaci ; le colpiva specialmente in quella che era la sorgente prima della loro forza, che si risolveva poi in una sua propria debolezza, vale a dire il segreto e l’appartenenza ad esse dei funzionari dello Stato. La maggioranza della Commissione, di cui ho avuto l’onore di far parte, ha invece aggiunto qualche altra cosa: « Le associazioni, enti ed istituti costituiti od operanti anche solo in parte in modo clandestino od occulto, o i cui soci sono comunque vincolati dal segreto sono vietati. Il loro scioglimento avviene per decreto del prefetto, ecc. ». Seguono poi le sanzioni punitive. Ora, io non credo che la maggioranza della Commissione sia stata bene avvisata nel proporre questa modificazione al progetto. Ed io ho espresso il mio dissenso nel seno della Commissione stessa. Si è detto che il mutamento è piccolo, che è più di forma che di sostanza, che si tratta in fondo di girare la posizione, anziché affrontarla. In fondo, lo scopo primo ed ultimo è sempre quello di sopprimere le associazioni segrete, ecc. Ma io non credo che sia una cosa di forma solamente. Diverso è dire: io, Stato italiano, intendo sapere quello che si fa nell’ambito delle associazioni tutte quante; io, Stato ordino a voi miei impiegati di non iscrivervi in associazioni segrete, e pongo fra le altre limitazioni vostre anche questa; oppure: io, Stato, sciolgo con decreto prefettizio tutte le associazioni esistenti o operanti anche in parte in modo clandestino o i cui soci siano vincolati dal segreto». Massimo Rocca : «[…]Non sono stato mai un amico della massoneria; l’ho sempre combattuta; entro il fascismo sono stato un antimassone assoluto: ebbene, permettetemi che io vi dica che una legge contro la massoneria, e contro la massoneria soltanto, una legge la quale non si appuntasse ad uno scopo generale ma ad uno scopo particolare, per colpire quella data associazione esclusivamente, non soltanto farebbe del male al fascismo medesimo ed al paese, ma rappresenterebbe una faziosità che nessun buon senso potrebbe giustificare. Comprendo : la massoneria è una società segreta; ed è vero: io credo che in regimi civili le società segrete non dovrebbero esistere perché soltanto coloro che hanno la capacità di rispondere delle proprie azioni e delle proprie opinioni hanno diritto, in fondo, di vivere la vita politica. Se la massoneria non sarà capace di vivere senza segreto, si troverà nella condizione di dover soccombere. Orbene, se l’accusa che si fa alla massoneria di essere segreta è una accusa fondata, l’accusa che si fa alla massoneria puramente per avere dei legami internazionali è pericolosa, e domani può ritorcersi contro tutti voi. Ho detto che se si fa alla massoneria l’accusa di essere segreta e si domanda che non lo sia più, questo, in principio, lo approvo. Ma nella relazione Bodrero ed in certi discorsi, si son dette cose che possono pesare più ancora del progetto di legge del Governo, ed io non mi sento di condividerle». Come diretta conseguenza dei gravi fatti che posteriormente accaddero, molti furono coloro che abbandonarono l’appartenenza alla Massoneria, e fra questo anche il nostro, allora Capitano, Micozzi. Egli fu tuttavia quasi premonitore, in quanto fece sì che il suo cammino latomistico cessasse assai prima. Il 16 settembre 1922 chiede di essere messo in congedo dalla Loggia e dalla Camera di appartenenza a Roma, causa trasferimento a Milano. Dopo qualche tempo in cui egli, di stanza nella nuova città, oberato di impegni correlati al suo servizio, e affannato dalla malattia di una persona di famiglia, non si presenta ai lavori massonici, riceve una lettera piuttosto risentita dall’allora Grande Ispettore Provinciale di Milano cui il nostro risponde puntualmente con un piglio degno della sua personalità, affatto malleabile…Egli quindi rimarrà fuori dall’ambito massonico sin da quel 16 settembre in cui chiede congedo a Roma. Il 16 Gennaio 1926 viene richiesto a Mecozzi, da parte del Comando di appartenenza, di dichiarare esplicitamente e per scritto di non appartenere a società segrete. Egli dunque chiede, ed ottiene da Palermi, una conseguente dichiarazione che conferma le dimissioni di Amedeo Micozzi dalla Associazione Massonica fin dal settembre 1922, e di aver trascurato i doveri massonici rinunciandovi, non aderendo agli inviti pervenutigli. Ed ecco che il nostro racconto si conclude, volutamente privo o quasi di valutazioni personali, mera citazione di fatti estrapolati da documenti, senza alcun tentativo di edulcorazione. Nella mia opinione, il cammino massonico è davvero bello e formativo, anche nella misura in cui chiarezza, ricerca ed autocritica sono punte di diamante. Dopo aver percorso la linea del tempo in orizzontale, e i fatti degli uomini in verticale, sperando di aver colto l’essenza di quella luce che pulsa nel punto di unione di queste due ideali direzioni, un po’ come nella molecola di laminina, che è il collante che tiene insieme le cellule del tessuto umano, mi auguro che anche la società contemporanea esca dal torpore ed impari dalla storia, adoperandosi affinché gli errori e gli orrori del passato non si ripetano.