Messaggero Veneto – Come eravamo nel Primo Dopoguerra: la guerra, la pace e la marcia su Fiume

12/11/2019

https://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2019/11/12/news/come-eravamo-nel-primo-dopoguerra-la-guerra-la-pace-e-la-marcia-su-fiume-1.37893082

Al castello di Villalta si sono confrontati i professori Enrico Folisi storico contemporaneo dell’Università di Udine, Ljubinka Toševa Karpowicz , professoressa e saggista croata, chi scrive, Valerio Perna, studioso di relazioni internazionali e di storia diplomatica, Aldo Mola, storico di chiara fama dell’età giolittiana e della massoneria italiana

La bella cornice del Castello di Villalta di Fagagna ha ospitato il confronto di quattro studiosi sull’Italia del Primo Dopoguerra. In particolare, sulle condizioni in cui versava il nostro paese quando maturò la marcia dei legionari da Ronchi a Fiume, trascinati dalla spinta emotiva di Gabriele d’Annunzio. Si sono confrontati i professori Enrico Folisi storico contemporaneo dell’Università di Udine, Ljubinka Toševa Karpowicz , professoressa e saggista croata, chi scrive, Valerio Perna, studioso di relazioni internazionali e di storia diplomatica, Aldo Mola, storico di chiara fama dell’età giolittiana e della massoneria italiana. La partecipazione del folto pubblico (210 presenze registrate) e della stampa ha incorniciato degnamente la manifestazione promossa dalla Gran Loggia d’Italia degli Alam, particolarmente attenta al dibattito sui momenti saliente della storia patria. Ne è emerso un quadro di diffusa fragilità del Regno d’Italia appena uscito dal trauma della Prima Guerra Mondiale, che era iniziata come un sacrificio di breve durata (non oltre l’inverno 1915-16) e presto si era impantanata nel dramma infinito della guerra di trincea. La debolezza del fronte interno è stata al centro della speculazione storica dei relatori. Le venature critiche hanno toccato gli ambienti di governo, a iniziare dal dibattito cruento tra interventisti e neutralisti; quelli militari, con le contraddizioni sulla conduzione della guerra da parte dello stato maggiore. Non è rimasta esente da giudizi critici la conduzione ondivaga delle trattative di pace del 1919 da parte dei plenipotenziari italiani Salvatore Orlando e Sidney Sonnino; così come il comportamento delle obbedienze massoniche italiane, trovatesi spiazzate di fronte alle nuove idee che avanzavano e infrangevano le politiche rivolte a ottenere il massimo (Trentino, ma anche Alto Adige; Venezia Giulia, Istria, ma anche Dalmazia). La delusione, o meglio l’incapacità di percepire il tramonto delle idee imperialistiche dell’Ottocento, fece approdare il dibattito pubblico interno al mito della “vittoria mutilata”, che tanti guasti avrebbe prodotto nell’immediato futuro. In tale clima rarefatto, maturò l’idea, da parte di ambienti più disparati, di occupare Fiume manu militari per ovviare alle presunte ingiustizie che si stavano perpetrando nei nostri confronti ai tavoli della Conferenza di Pace di Parigi. I relatori si sono soffermati particolarmente su questo aspetto che costituiva il momento saliente del convegno in virtù del centenario del 12 settembre 1919 in cui si consumò la marcia dei legionari da Ronchi a Fiume. Si sono soffermati anche sul ruolo che svolsero le obbedienze massoniche e le singole logge triestine e addirittura fiumane. Un tema sul quale si è scritto poco o nulla in paragone alla messe di articoli, saggi e resoconti, scritti su questo tema negli ultimi mesi. L’intransigenza diffusa che si manifestò prima, durante e dopo i venti mesi della reggenza dannunziana del Carnaro, naufragata nel Natale di sangue 1920, continuò nei due anni successivi. Sorse così uno spartiacque tra la storia post unitaria e il futuro ventennio fascista creando una frattura pressoché impossibile da risanare nell’opinione pubblica nazionale. Anche a distanza di decenni quelle vicende condizionano il nostro dibattito pubblico rendendo complessa la formazione di una memoria condivisa e perpetrando il costume della ricerca dell’avversario da trasformare in nemico per legittimare la propria “giusta” posizione e scelta di campo. Il convegno è stato concluso dal Gran Maestro, professor Antonio Binni, che ha ricordato la missione della Gran Loggia d’Italia per favorire il dialogo interculturale tra le tendenze di ogni colore, razza, appartenenza. Ha lodato la sensibilità dimostrata dagli organizzatori per l’invito rivolto alla professoressa croata Toševa per mettere a confronto le opinioni delle parti in causa sugli avvenimenti di Fiume. Così è stata spezzata una lancia a favore di un modo di procedere che dovrebbe essere esteso a tutti i momenti controversi della storia italiana del Novecento (un secolo “breve”, ma crudele) ed esteso, perché no, anche al dibattito politico nazionale.