Il problema della verità al tempo del fondamentalismo

di Antonio Binni

A chi pratica la via latomistica è richiesta anche la conoscenza di tutte le problematiche che investono prepotentemente la vita della comunità nella quale vive ogni massone con visione, peraltro, generale e totalizzante in conformità della natura universale propria della Massoneria. Il presente contributo conoscitivo è pertanto volto all’approfondimento di un argomento complesso e delicato, oltre che, per certo, di stretta attualità. Infatti, pur non essendo ignoto nel tempo passato, il fondamentalismo è fenomeno proprio della modernità dove, fra l’altro, ha assunto una dimensione e una importanza indubitabilmente straordinarie. Dal profilo identificativo il fondamentalismo nella sua rigorosa linearità si basa sulla fedeltà e sulla devozione delle persone a uno Stato. Il che postula che le persone abbiano in comune identità, origine, storia e comuni confini geopolitici. In questo mondo “chiuso” non v’è spazio per una qualsiasi autocritica. Tutto è certo e definito per essere assistito da strategie di propaganda spesso violente. Domina l’oppressione come oppio per le masse. Il formarsi della Verità all’interno di un simile composito fenomeno è sicuramente materia degna di attenzione e di riflessione. Il fondamentalismo non indica il percorso attraverso il quale si perviene alla Verità. In generale teorizza un sapere “chiaro e distinto” come veicolo verso la Verità, senza peraltro farsi minimamente carico di illustrare il singolare paradosso che alla Verità si perviene attraverso vie di non verità. La Verità, in quest’ottica, viene assunta come un dato assoluto e incorruttibile, in quanto tale, insuscettibile di essere dubitato. Univoca ed esclusiva, la Verità così concepita e conseguita, secondo questo pensiero, non ammette confronto. Rifiuta perciò il dialogo se non in vista della conversione dell’altro alla propria Verità. In questa visione del mondo, all’evidenza, c’è tutta la prepotenza di uno schema mentale, per definizione, inaccettabile perché impregnato di una fede – religiosa o no – che segna la discriminante fra gli uomini. Il vizio – radicale – di questa prospettazione è tuttavia altro. Il fondamentalismo nasconde, infatti, soprattutto la paura della libertà e il conseguente rifiuto della assunzione di una qualsiasi responsabilità. Accettare una verità immutabile equivale infatti a trincerarsi dietro uno scudo protettivo contro tutte le possibili evenienze. Da qui, appunto, la delega all’altrui pensare – volere in cambio di una invero solo apparente sicurezza. Antitetico è, invece, l’approccio alla Verità da parte di chi, nell’altro, riconosce soprattutto un nuovo aspetto della propria identità, altrimenti destinato a rimanere sconosciuto. Donde la ricchezza dell’altro al quale attingere per ampliare il proprio spettro conoscitivo. Ferma la consapevolezza che ogni conquista rimane sempre provvisoria nella sua naturale temporaneità in quanto sempre suscettibile di confutazione. Col che – si noti – la Verità, come la Scienza, condivide con l’uomo il destino della vita, ossia, il potere di morire. Nello specchio altrui non esiste allora alcun timore della differenza, che non è minaccia, né paura. All’opposto, nella schermaglia dialettica si riconosce il mezzo assolutamente necessario per accostarsi al pensiero altrui, su qualunque questione. Donde la disposizione all’ascolto rispettoso della parola altrui, che richiede la capacità di uscire da se stessi per incontrare l’altro, accoglierne il contributo, cercando, innanzitutto, di capirlo. Senza tutto ciò, non si ha dialogo, ma sterile monologo. Il culto della Verità esige la parola. La parola, con il suo esile corpo, è l’essenza del regno del dialogo. La parola, infatti, comunica, esprime, circoscrive, istruisce, aiuta. E pure unisce e divide. È potenza che mentre spegne la paura, nel contempo, costruisce una relazione umana, che può sfociare nel Vero, miracolo della parola e del quieto silenzio di chi sa ascoltare. È la chiave fatata che apre ogni porta perché la parola può tutto. Perfino impedire una guerra, o provocarla, o mettervi fine. Accettare il punto di vista altrui – si noti – non nega chi ascolta perché la Verità va fronteggiata e accarezzata in qualsiasi mano la si trovi. Al contrario significa scoprire cose nuove. Il che è proprio degli ingegni che hanno curiosità intellettuali. Significa soprattutto preziosamente riconoscere l’uguaglianza dell’altro, pur nella sua diversità per carismi, aspirazioni e sogni: diversità, non differenza. Altrimenti si sarebbe in presenza di inferiori. Dove – si noti – l’uguaglianza conosce però anche la disuguaglianza quale prezzo del merito. Il fondamentalismo – a chi scrive – ricorda la Dea Hestia, la divinità che sovraintendeva il culto della casa, luogo chiuso privo di qualsiasi pericolo perché interdetto agli estranei, per definizione, non ammessi ai misteri e alle ricchezze domestiche. Mentre la ricerca della Verità, frutto del confronto, mi pare invece che rimandi al culto di Ermete, il dio vagabondo che passa incessantemente da un luogo a un altro, incurante delle frontiere, delle chiusure e delle barriere. Il dio delle strade pericolose che, come i dialoghi, si incontrano, si intrecciano e pure si scontrano per condurre poi tutte all’altrove. Pur riconoscendo la preziosità di Hestia, chi scrive preferisce stare dalla parte del dio che guida il viaggiatore nella pericolosa ricerca del Vero con il dono della parola. Ricerca pericolosa perché un simile impegno significa spesso abbandonare le credenze che sono più care per avere costruito sulle stesse proprio il fondamento della nostra vita.
La Verità sta, in sé, ci precede e ci eccede. Non è mai un male. Né mai comoda. Solo talora è consolatoria. La Verità è una nascita senza fine. Una sete mai appagata, avida di conoscenza. Anche se tutto ciò comporta poi il confronto con il pensiero altrui. Anche se tutto ciò implica la fatica, prima del pensare – esercizio di libertà – e, poi, la fatica del capire il punto di vista dell’antagonista. Come la spola sul telaio, è un andare e venire di pensieri fino all’incontro con la Verità, dove l’ansia del conoscere si placa, anche soltanto per un istante. Al termine di queste riflessioni, ci accorgiamo di avere riprodotto il punto di vista massonico secondo il quale la Verità è un farsi, per definizione, un approdo destinato ad essere, a sua volta, superato da una Verità ancora più piena e compiuta in un processo inarrestabile, dunque, un esito ben lontano da quella verità ingessata ed immutabile predicata dai fondamentalisti con quella arroganza che, anche qui, non è possibile astenersi dallo stigmatizzare.