De laudatione costantiae (sull’elogio della perseveranza)

20/11/2017

La perseveranza è l’esser solidi e pazienti nel perseguire il proposito prescelto, nonostante l’agire faticoso quotidiano, mantenendosi a esso sempre fedele, come a una legge.
Nel selezionare gli obiettivi, occorre, tuttavia, l’accortezza di valutare se sono alla nostra portata. Altrimenti, si incorre nello scoramento e nella frustrazione.
“Le speranze di coloro che pensano rettamente sono realizzabili, quelle degli stolti hanno mire impossibili”. (Democrito, DK, fr.58).
Esistono, tuttavia, degli imperativi rispetto ai quali non si può deflettere. In questi casi, pur nelle sventure, occorre continuare a rispettare il dovere.
Nel linguaggio corrente, la parola “perseveranza” è caduta in disuso. Quando una parola non è più di moda è perché se ne è perso il suo senso e significato profondo.
L’abbiamo riproposta all’attenzione perché questo richiamo ci riporta alla parola “perseveranza” come virtù, ad un agire virtuoso, che è proprio di chi è capace di dare norma a sé stesso, senza arretrarsi mai innanzi agli ostacoli, sapendo mantenere ferma la propria identità, pur nella crescente mutevolezza del mondo.
Il che è più che mai necessario oggi, quando tutto muta velocemente e tutto è così transitorio che fissare la propria identità è divenuto quasi impossibile.
La “perseveranza” è fortezza, fedeltà, vigilanza, pazienza e continuità in condizioni di difficoltà, qualità, tutte, codeste, che si esigono dal “buon Massone”, che deve aver caro quel vocabolo nella propria vita pratica quotidiana.