Allocuzione del Gran Maestro alla Grande Assemblea

24/11/2018

Ogni uomo nasce come persona dotata di una propria dignità, che non gli viene, pertanto, né concessa né attribuita, per essere qualità intrinseca alla persona.
È prerogativa innata, in quanto coeva alla sua nascita.
Esiste da quando l’uomo apre gli occhi alla vita per durare per sempre, sia che venga riconosciuta, sia che venga negata, non dipendendo dal riconoscimento altrui, siano essi uomini, la società, lo Stato.
In quanto appartiene ad ogni uomo, non dipende da nascita, razza, sesso e religione.
Per sua natura è indisponibile.
Ha valore incondizionato. Per questo si auto-protegge da tutti i tentativi volti a relativizzarla per motivi religiosi, sociali, giuridici, medici o biologici.
Per la stessa ragione non può essere persa. All’opposto, permane sempre.
Anche quando la violenza e le lacrime, che segnano il cammino della Storia, la calpestano e la disprezzano.
L’uomo scartato e deriso, anche se esposto alla pubblica vergogna, conserva la propria dignità.
Così come conservano la propria dignità le persone che hanno commesso il male, quelle malate e dementi, i disabili fisici, le persone fragili, chi versa in punto di morte.
Dovendosi aggiungere – ma riconosciamo la natura controversa della questione – che dalla indisponibilità della propria dignità deriva il principio che nessuno può disporre della propria vita e della propria morte.
La domanda sul fondamento della dignità presenta una duplice risposta.
Dal punto di vista religioso, la dignità proviene all’uomo direttamente da Dio in quanto creato a Sua immagine e somiglianza. In via di stretto logico corollario, nell’ottica qui considerata, ne consegue che, a causa della sua origine divina, la dignità, oltre a non essere negabile, è per
definizione inviolabile.
Dove la risposta ha il pregio di essere norma universale in quanto investe tutti gli uomini siccome figli di un unico Creatore, ma pure viziata da un limite evidente, escludendo dal profilo qui considerato tutte le persone prive di convinzioni religiose.
Il fondamento della dignità, con la sua natura incondizionata e intangibile, va pertanto posto su di un terreno diverso da individuarsi nella ragione che, innegabilmente, vale per tutti gli uomini perché appartiene ugualmente a tutti gli uomini.
Si recupera così il carattere universale della dignità con tutte le proprie caratteristiche e peculiarità, orientamento e principio-guida nei confronti di quegli ordinamenti giuridici che la negano con la condanna della Storia, i cui venti vorticosi, prima o poi, non possono che rovesciare l’oscurantismo.
A fronte di codesta intangibilità, a contraltare sta però il principio di responsabilità dell’uomo dal quale nascono obblighi cogenti precisi, primo fra tutti il dovere di assicurare alle future generazioni la possibilità di vivere in un ambiente intatto, in quanto l’uomo non è il padrone del cosmo, ma solo in senso autenticamente giuridico un suo usufruttuario.
Dal concetto di dignità è difficile fare discendere in termini diretti i diritti umani.
A causa della universalità e del significato di principio della dignità sono infatti necessarie concretizzazioni valide per il singolo caso.
Rimane comunque incontroverso che dignità, da un lato, e diritti umani, dall’altro, costituiscono categorie logico-giuridiche irrinunciabili per tutti gli uomini che lottano per un futuro degno dell’uomo.
Anche i diritti umani si fondano sulla ragione, che è comune a tutti gli uomini.
Fra questi primeggia il diritto alla libertà che implica il diritto di autodeterminazione che si realizza nella destinazione di sé al bene dell’altro e degli altri.
Anche tramite il diritto di associazione, che è il luogo privilegiato nel quale si manifesta e si realizza la personalità dell’uomo nella ricerca di un mezzo che trascende la sua vita
destinata ad avere fine.
In questo contesto, riconosciamo prevalenza alla libertà di coscienza, che intendiamo come libertà di fare il bene ed evitare il male, luogo, dunque, del giudizio su un’azione da compiere o da evitarsi, comandamento interiore, giudizio morale personale, una volta intesa come coscienza vigile e attenta, perciò, tutt’altro che assopita.
L’uomo non può essere paragonato al valore di altri beni, neppure a un altro uomo.
Né a un prezzo, non ammettendo alcun equivalente. Il suo valore non può essere calcolato con nulla e da nessuno.
L’avere perciò sottolineato oggi la dignità dell’uomo, i diritti umani e il sacro valore della libertà, lungi dall’essere stato un esercizio filosofico, ha voluto, all’opposto, costituire
un solenne appello alla responsabilità politica per la creazione di un ordine solidale, libero, giusto e degno dell’uomo – di ogni uomo – perché dell’uomo non si può dire nulla di più elevato.
A quanti, oggi, mostrano di ignorare e disprezzare tutti codesti valori, noi, con la forza della ragione, in ossequio di una regola etica ineludibile, ricordiamo pertanto che tutti quei valori sono ineliminabili, anche quando con la forza vengono conculcati, in quanto per loro natura sono destinati a ri-vivere.
Mentre l’ingiustizia che grida al Cielo li rende ancora più fulgidi e ancora più insopprimibili, proprio quando vengono eliminati o anche soltanto limitati.
Condanniamo pure solo il tentativo di comprimerli.
Chi ha orecchie, intenda.
Noi, di questo Paese, non siamo abitanti.
Di questo Paese, siamo cittadini. Consapevoli e attenti.
Con tutte le nostre forze ci opporremo pertanto perché non prevalga la barbarie, non essendo disposti a barattare la civiltà con il sopruso di una maggioranza tale solo per numeri, non certo per principi, né per valori.