De spe – Sulla speranza

di Antonio Binni

In questo tempo carico di complessità e incognite che, come proprio orizzonte, conosce soltanto l’hic et nunc, è doveroso ridestare il senso prezioso della speranza, un sentimento che rianima l’umano, un valore che, per essere compiutamente apprezzato, necessita di scendere in profondità per coglierne tutta intera la ricchezza. A questo fine sono preordinate le seguenti note schematiche, perciò, per definizione, succinte. Speranza : è la fiduciosa aspettativa di un evento che ci si augura conforme ai propri desideri. Sperare è un vedere ciò che è lontano come se fosse invece vicino. È penetrare al di là del velo, per sperimentare quanto è ancora velato a chi spera. È un vedere il di là come di qua. Un autentico penetrante intravedere con uno sguardo perspicace. Mediante la speranza, si giunge a vedere il bene desiderato. La speranza perciò attualizza il desiderio, che nasce dal bisogno, conseguenza di una mancanza rispetto a ciò che si spera di raggiungere. Si spera, infatti, in ciò di cui si manca, ma che si spera ugualmente di raggiungere. Chi spera versa nell’attesa, sia quando la cosa sperata è differita, sia quando è imminente; ma la speranza, per definizione, è priva di certezza quanto al verificarsi dell’evento sperato. Si spera per fede. Dunque la fede, nell’homo viator, precede la speranza, che risiede nella volontà del soggetto che spera, moto desiderativo dell’animo verso ciò che ancora non si possiede. Una volta raggiunto, la speranza si annulla. Non si spera solo per sé. Oggetto di speranza può essere anche il bene altrui stante l’unione affettiva con altri che induce appunto a desiderare e sperare qualche cosa per essi come per se medesimo. Oggetto della speranza è un bene futuro, arduo, ma raggiungibile, non necessariamente dipendente dall’Assoluto, ben potendo invece dipendere anche dall’uomo. Quando l’oggetto della speranza è il Grande Architetto dell’Universo, la virtù si dice teologale perché dall’Essere Supremo non si può sperare qualcosa che sia meno del Creatore. Quanto dire che si spera di partecipare alla Sua beatitudine come bene finale da raggiungere, oltre che come aiuto atto a soccorrere. La speranza ha natura di virtù perché rende l’atto umano buono. Come tale, è sempre misura, ignorando, per definizione, eccesso e difetto. L’opposto della speranza è la disperazione, frutto dell’eccessivo avvilimento: quanto dire non riconoscere nulla di buono in se stessi e in ogni cosa. La disperazione non implica la mancanza di fede. Non si può, però, perdere la speranza se prima non si perde la fede. La speranza è un abbandonarsi fiducioso a una fede. La disperazione è, invece, un abbandonarsi al vortice travolgente della vita, un precipitarsi inesorabilmente verso il baratro. Non si può quindi equivocare la profondità della speranza con il senso della disperazione. La disperazione è il perdersi d’animo; è un condannarsi alla viltà. La speranza, all’opposto, è, invece, votarsi ad un credere che porta pur sempre in sé una anticipazione di gioia. Per questo la speranza è contagiosa.