Illuminismo e logge massoniche
di Antonio Binni
Con il termine illuminismo si indica tradizionalmente un movimento di idee che ha le sue origini nel secolo XVII, ma che si sviluppa soprattutto nel secolo XVIII che, appunto per questo, si chiamò il “secolo dei lumi”. Fu una rivoluzione culturale profonda, un autentico laboratorio della modernità, un fenomeno grandioso che ha cambiato per sempre la storia della umanità. Un orientamento di pensiero la cui chiave di volta sta nella critica radicale di tutti i saperi dominanti. Il che è avvenuto calpestando il pregiudizio, la tradizione, l’antichità, il consenso universale, l’autorità, con una polemica dura, severa, sempre irriverente. Non si trattava più di cercare la mano di Dio nel mondo, di indagare i disegni segreti della Provvidenza, ma di allargare il campo delle conoscenze.
Al centro di questo orientamento di pensiero è stato posto il primato indiscusso e indiscutibile della ragione e della scienza newtoniana in continuità con gli esiti della rivoluzione scientifica del Seicento. Si apre la strada alla costruzione di nuove scienze dell’uomo, in primis, l’antropologia, che ha ad oggetto lo studio dello stesso uomo. Ma si indagano pure la ostetricia, la biologia, la chimica, il magnetismo, l’elettricità, la meteorologia, la geologia e la metallurgia.
Mentre poi si sottolineava coraggiosamente il valore emancipatorio e liberatorio dei nuovi saperi, con lungimiranza – particolarmente da parte di Rousseau – si denunciavano però nel contempo anche i pericoli derivanti dall’uso e dall’abuso delle nuove scienze ben potendo il progresso scientifico e tecnico incrementare le disuguaglianze tra gli uomini determinando la stessa infelicità di quanti non fossero in possesso dell’uso elitario delle scienze. Visione profetica perché i rischi allora paventati sono, in verità, quelli che nutrono il nostro presente. In filosofia signoreggia Kant che segna una frattura radicale fra il Medioevo e quello contemporaneo. La filosofia pre-kantiana era in qualche modo metafisica indirizzata com’era ad andare “oltre” la consistenza epidermica delle cose per toccarne il cuore. Mentre, dopo Kant, ci appartiene la convinzione che la nostra conoscenza resta invece soltanto sulla superficie ondulata di un mare di cui non vedremo mai il fondo per essere il lumicino della conoscenza circondato dal buio. Di un progresso così ambizioso e nello stesso tempo così complesso e innovativo fu portavoce l’Encyclopédie e il suo celebre albero della conoscenza, che rappresentava dal punto di vista storico una netta discontinuità rispetto all’ordine seicentesco dei saperi, non a caso oggetto di persecuzione da parte della Chiesa di Clemente XIII, che la mise all’Indice nel 1759, della Censura Regia e delle feroci polemiche di tutti coloro che a Parigi si opponevano alle idee dei philosophes. L’Encyclopédie, con i suoi 28 volumi in folio, le 71818 voci e le 2885 tavole, rimane comunque l’opera-manifesto della età dei Lumi, oltre che il più autorevole capolavoro propagandistico di una idea volta al processo scientifico e tecnologico al servizio della emancipazione umana, di una nuova filosofia dell’uomo e della natura destinata a favorire la nascita di una moderna società civile dell’occidente. Se importanza decisiva va poi riconosciuta al perseguito passaggio civilizzatore da società arcaiche e primitive a modelli occidentali di sviluppo – da qui la riconosciuta centralità del progresso tecnologico ed economico – ai nostri occhi moderni ancora maggiore importanza va però attribuita alla scoperta dei diritti dell’uomo, alla loro necessaria costituzionalizzazione, alla invenzione della democrazia rappresentativa con la rivoluzione americana del 1776. Il che è avvenuto con un attacco frontale agli stessi fondamenti dell’Antico Regime. Alla monarchia non disposta a prendere atto della progressiva ascesa della borghesia opposero la repubblica; ai privilegi per sangue (aristocrazia) o per consacrazione (clero) l’uguaglianza e la libertà. Da qui il forte impegno politico degli illuministi per rendere concreto il loro progetto visto come una meta finale da raggiungere nella perenne lotta della umanità fra utopia e riforma. Il luogo principale del rapido processo di formazione, divulgazione e affermazione di quei valori fu certamente l’imponente mondo massonico europeo che, all’epoca, era animato da ben oltre duecentocinquantamila adepti, tutti appartenenti alle élite europee (così GIARRIZZO, Massoneria e Illuminismo nell’Europa del Settecento, Marsilio Editore, Venezia, 1994, pag. 346). Di parole come libertà, fratellanza, eguaglianza, tolleranza, cosmopolitismo, diritti inalienabili e imprescrittibili sono piene le pagine di Lessing (Dialoghi per massoni del 1777). Secondo Herder, questi vocaboli avrebbero poi dovuto essere lo stesso progetto politico della massoneria, alla quale aveva aderito fin dal 1776 in una loggia di Riga.
La stessa parola armonia, invalsa per contrapporla al conflitto sociale, viene anch’essa elaborata nelle logge massoniche dell’intero continente e in quella parigina delle Neuf Soeurs alla quale apparteneva Condorcet. La riconosciuta esistenza dei diritti dell’uomo fino dallo stato di natura fu poi l’argomento dirimente utilizzato per combattere la schiavitù e la tratta degli schiavi praticata con particolare crudeltà dai negrieri inglesi che, dopo la guerra dei Sette Anni, operavano ormai in regime di monopolio. Ciò in aperta polemica con gli schiavisti che, per legittimare i loro traffici, disumanizzavano i neri africani assimilandoli agli scimpanzé. Nelle colonie americane i capolavori del pensiero illuministico europeo da Rousseau a Beccaria a Montesquieu erano da tempo largamente diffusi e letti con attenzione. Attraverso una gigantesca rete massonica internazionale parimenti ben conosciuta era l’opera di Gaetano Filangeri la Scienza della Legislazione. Grande fu pertanto la delusione degli illuministi europei di fronte al tragico tradimento compiuto dai coloni americani che, nella loro guerra di indipendenza contro l’impero britannico, avevano lasciato cadere la bandiera dell’antischiavismo. Ancora oggi si è adusi attribuire alla Rivoluzione americana il merito epocale di avere consacrato l’esempio di uno stato democratico alternativo fondato su diritti uguali per tutti: tesi, tuttavia, senza fondamento. Ancora oggi infatti balza agli occhi dell’attento studioso l’inquietante parallelo fra la democrazia ateniese di Pericle e la democrazia americana di Jefferson visto che, in ambedue i casi, convivevano paradossalmente mano nella mano libertà e schiavitù. La cultura illuministica della dirompente concezione universalistica dei diritti dell’uomo divenne uno strumento potente di lotta per la emancipazione. Ma, come sopra si è detto, l’America, con le sole eccezioni del Vermont (1777) e della Pennsylvania (1780) che misero fuori legge lo schiavismo polemizzando con la Virginia, accettò di essere una società schiavista. Il che comportò una drammatica conseguenza sulla stessa massoneria americana. Il contesto schiavista ha infatti cagionato la Massoneria di Prince Hall, una massoneria nera contrapposta alla massoneria bianca: un contrasto che continua a interrogare la coscienza di tutti coloro che si richiamano ai principi fondanti di Anderson e al concetto di “Centro di Unione” che è consustanziale all’istituto massonico. Un separatismo che costituisce forse il più grave elemento negativo – anche se purtroppo non il solo! – della storia della massoneria che, nella divisione, ha la propria cifra più corrente.
Segregazionisti e fautori della supremazia bianca non hanno, in verità, mai abdicato alle loro idee nefaste. È tuttavia indubbio che le logge nere, proprio avvalendosi delle idee dell’illuminismo, abbiano svolto un ruolo di primo piano nella lotta contro la schiavitù, oltre che nell’ambito del processo di integrazione dei Neri nella società americana. Data la sede, non è consentito addentrarsi ulteriormente in questa complessa e delicata tematica. A chi volesse, tuttavia, approfondire l’argomento segnaliamo l’ottimo testo di Cécile Révanger Neri e Massoni. Alle origini della discriminazione razziale tra i fratelli americani, pubblicato in Italia nell’aprile 2015 dalla casa editrice Etica con prefazione nostra e di Alain de Keghel. Ma torniamo al tema principale. L’illuminismo ha lasciato una eredità di valori che vive ancor oggi in speciale misura con il suo universale umanesimo: una eredità che è giunta fino ai giorni nostri, nonostante sia poi stato sconfitto dalla Storia. Dai diritti dell’uomo si è infatti passati ai diritti della nazione, quanto dire, al sistematico prevalere dei diritti dei popoli e della comunità rispetto ai diritti dell’individuo con l’implacabile poi messa in stato d’accusa della intera rivoluzione culturale dei Lumi, dei suoi valori, dei suoi programmi e del suo linguaggio politico. Ma questa ultima è un’altra storia che non cancella però una stagione di pensiero che ha visto la celebrazione della Ragione e quella dell’Uomo e della sua lotta irrinunciabile al dispotismo e alla tirannia.