Castel del Monte, il grembo della vergine

Franco Ardito – Simona Ardito; Castel del Monte, il grembo della vergine; 2016, 79 pp. Edizioni Orizzonte – 12 euro
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Castel del Monte è un concentrato di applicazioni astronomiche, geografiche, matematiche e geometriche. Costruito sulla base del numero d’oro, il castello è un inspiegabile insieme di simboli, segni e formule, che poco si accorda con gli scopi che gli sono comunemente attribuiti, e che di volta in volta lo identificano come castello di caccia, fortezza a guardia del territorio, luogo di piacevolezze o costruzione celebrativa del potere di Federico II di Svevia.
Castel del Monte non è un edificio abitabile. Si dà per scontato che a farlo costruire sia stato Federico II, il quale secondo alcuni lo avrebbe addirittura progettato. Ma niente è scontato per Castel del Monte, Non esiste un documento che ne attribuisca con certezza la paternità all’imperatore svevo, il quale è storicamente assodato che non lo vide mai. Le origini di questo monumento si perdono nelle nebbie del medioevo e non sono ancora chiari i motivi per i quali sia stato costruito, né chi poteva impiegare tanto denaro, energie e sapienza per la sua costruzione.
In questo monumento il numero d’oro 1,618 è profuso a piene mani, a cominciare dalla figura che ne ha costituito la base costruttiva: un rettangolo in rapporto aureo disegnato dai punti in cui sorge e tramonta il sole ai solstizi. Perché applicare le regole della divina proporzione a un castello imperiale? E perché non prevedere cucine, depositi e stalle in una costruzione così imponente?
Molte sono le bizzarrie a Castel del Monte: una scala che si interrompe per continuare oltre la volta, panche di pietra che corrono tutt’intorno alle sale del primo piano, rendendo impossibile l’inserimento di mobili.
E poi l’acqua: nella vasca monolitica che era al centro del cortile, nelle cisterne sulle torri e nel pozzo sotto la costruzione, quasi a proteggere il visitatore come in un grembo…